Maria, salvata con l’operazione «BRUCIA-ARTERIE»

Il lampo che le aveva attraversato la testa non ha spento la vivacità dello sguardo di Maria. Gli occhi azzurro cielo risplendono furbi e svelti sul volto incorniciato dai capelli color del grano. Dopo la dimissione dall’ospedale, in Ucraina, le è rimasto attaccato un vago ricordo e quella gamba che non vuole proprio saperne di obbedire obbligandola a un’andatura buffa. A cinque anni, Maria non poteva immaginare che la svolta nella sua malattia sarebbe passata dalla stanza dai caldi colori rosso e arancio pastello dell’unità di Nefrologia, diretta da Gian Marco Ghiggeri, all’Istituto Gaslini di Genova. Men che meno, che proprio lei sarebbe diventata un caso: la prima bambina sottoposta a “denervazione renale” di cui si abbia notizia in letteratura.

IPERTESA A 5 ANNI

La malattia di Maria si chiama ipertensione. La sua pressione arteriosa però è molto alta. Troppo. Tanto da rendere necessaria una terapia con quattro farmaci. Ogni giorno. E nonostante la terapia, l’ago dello sfigmomanometro continua a oltrepassare la soglia dei valori accettabili. Eppure, e qui sta un altro evento raro, le autostrade che trasportano il suo sangue hanno un calibro normale. «Nei bambini — spiega Carlo Gandolfo , il neuroradiologo che l’ha operata assieme alle equipe di Terapia endovascolare — l’innalzamento del valore pressorio ha cause diverse rispetto all’adulto, dal momento che l’invecchiamento arteriosclerotico non ha avuto ancora modo di poter produrre danni significativi al sistema cardiocircolatorio. Ne condivide tuttavia la fisiologia, cioè i meccanismi che in condizioni normali la determinano, e l’anatomia».

PROPOSTA CHOC

“Mama” e “baba” (mamma e nonna in ucraino) guardano i medici , un po’ inebetite. Al Gaslini ci sono arrivate perché anche mama è un medico. Baba è emigrata in Italia molti anni fa, per cercare un lavoro che permettesse alla figlia di studiare all’università. Quando a Maria diagnosticano la malattia , in Ucraina, e prospettano una possibile terapia , mama incrocia i dati sul motore di ricerca PubMed e trova citata la Nefrologia del Gaslini. Baba abita in Piemonte. Le due donne si parlano ed è un attimo capire che la loro mèta è l’istituto pediatrico di Genova. Ci arrivano con enormi sacrifici economici e tra mille difficoltà burocratiche. Dopo gli accertamenti necessari, ascoltano con attenzione il discorso di Gandolfo e Ghiggeri: «La pressione di Maria resta fuori controllo e può causare un secondo attacco vascolare cerebrale ischemico o emorragico, che potrebbero esserle fatali». I dottori propongono la procedura di “denervazione renale”, chiarendo fin da subito ai famigliari che si tratta di una procedura salva-vita, mai praticata in Europa su un paziente di così giovane età e in cui alle difficoltà cliniche e tecniche si sommano quelle tecnologiche.

LA DENERVAZIONE RENALE

Si tratta di un intervento di chirurgia mininvasiva. Si agisce sulle connessioni nervose simpatiche che intercorrono tra il rene e il sistema nervoso centrale e conducono gli impulsi che regolano la pressione arteriosa. Mediante un catetere si arriva alle arterie renali. Qui viene posizionato un elettrodo e attraverso un riscaldamento della parete vengono disattivate le fibre simpatiche che innervano lo strato più esterno delle arterie. Le fibre simpatiche vanno infatti incontro a processi degenerativi permanenti , quando sono trattate con una temperatura di circa 70 gradi. In questo modo si determina il calo progressivo della pressione. L’intervento si sta affermando un po’ ovunque: ad agosto 2013 risultavano effettuate in Europa più di 10 mila procedure di denervazione renale, con risultati interessanti. In Italia, sono state effettuate all’incirca 300 denervazioni.

MAI PRIMA D’ORA SU UN BAMBINO

«La peculiarità clinica è che questo tipo di procedura non era mai stata effettuata su un bambino così piccolo – spiega Gandolfo -. Non eravamo supportati da nessun precedente». Un’operazione in qualche modo “al buio”, dunque. Anche dal punto di vista della tecnologia utilizzabile «Le aziende biomedicali in questi ultimi 4-5 anni hanno sviluppato ognuno la propria tecnologia per fare questo tipo di intervento – aggiunge il neuroradiologo -. Ad eccezione di un modello, nessuno si prestava all’utilizzo nell’arteria di un bambino».

LA SVOLTA AL BAR

Il punto è che bisognava capire se quell’unico modello fosse adattabile a Maria. «L’azienda multinazionale che avevo contattato — prosegue Gandolfo — mi ha messo a disposizione un giovane ingegnere biomedico italiano, un ex “cervello in fuga”. Ci siamo incontrati in un bar della riviera. Al sole, abbiamo preso carta e penna e ci siamo messi a costruire modelli matematici a tavolino, per cercare di valutare le ridistribuzione dell’energia , in quale modo, quanta e dove utilizzarla in modo da non rovinare le piccole arterie di Maria».

L’INTERVENTO

Così per la bimba arriva il giorno delle verità. Prima di entrare in sala operatoria, una mattina di settembre scorso, Maria abbraccia forte mama, baba (il papà è rimasto in Ucraina) e i suoi amatissimi peluche. Gandolfo, l’aiuto Francesco Pasetti e la loro equipe lavorano per quattro ore e mezza. La bimba esce anc ora mezza addormentata. Il peggio è passato. L’intervento è riuscito alla perfezione. Mama e baba non riescono a trattenere le lacrime per la gioia. Medici e infermieri delle equipe sono felici. «Adattare tecnicamente e tecnologicamente un circuito elettrico costituito da un generatore esterno e da un manipolo endocavitario – sottolinea Gandolfo -, portato nella zona del corpo interessata attraverso un buco di due millimetri praticato a livello dell’inguine, rappresenta un’applicazione estrema della radiologia e neuroradiologia interventistica».

MISSIONE COMPIUTA

Maria sta bene. Il suo caso sarà pubblicato su una rivista scientifica e nei prossimi mesi farà molto parlare. Dopo l’intervento è rimasta in Italia con la nonna, perché la mamma non è riuscita a farsi rinnovare il visto. Il controllo a un mese di distanza dall’operazione ha avuto esito positivo. Tornerà a Genova per le altre fasi del follow up, a marzo dell’anno prossimo e poi ancora un anno dopo. Certo sarà destinata a restare sempre sotto controllo medico. «Nel frattempo — dice Gandolfo — le si dà la possibilità di crescere e quindi di avvalersi, come si fa nell’adulto, anche di ulteriori sedute o di denervazioni o di altre terapie che chissà quando usciranno in futuro». Tra poco, Maria tornerà a casa. Alla sua nuova vita.

Inserito da segreteria SISAV

 

FONTE

Corriere della sera

AUTORI

Ruggiero Corcella

COLLEGAMENTI

www.corriere.it

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