Ruolo del cardiologo pediatra nel trattamento degli emangiomi infantili con Propranololo sistemico

L’uso del propranololo nella terapia dell’emangioma infantile è ormai una realtà ampiamente consolidata in letteratura e nella pratica clinica.
Si è recentemente tenuto a Roma un meeting con focus specifico su questo argomento. Sono stati discussi l’indicazione al trattamento, la necessità di uniformare i protocolli di monitoraggio e gestione ambulatoriale e la sicurezza del farmaco, analizzando in modo specifico le caratteristiche della molecola ed il suo meccanismo d’azione.
Si è parlato, infatti, di effetti collaterali ed eventuali controindicazioni ponendo l’attenzione sull’aspetto cardiologico in ambito più prettamente pediatrico.
Il propranololo è un betabloccante non selettivo, in grado cioè di determinare inibizione competitiva del legame delle catecolamine con i siti dei beta-recettori. Nello specifico la sua azione si svolge sia a livello dell’apparato cardiocircolatorio (stimolazione ?-1 con azione prevalente sul cuore; ?-2 con azione anche sui vasi) che in diversi altri organi.
La stimolazione dei recettori ?-1 a livello del nodo seno-atriale ed atrio-ventricolare esercita un effetto cronotropo (aumento della frequenza cardiaca), dromotropo (della velocità di conduzione), batmotropo (dell’eccitabilità) ed inotropo (della forza di contrazione) positivo; a livello renale iuxtaglomerulare determina aumento della secrezione di renina e riduzione della sintesi di aldosterone; mentre a livello dell’occhio stimola la secrezione di umor acqueo.
La stimolazione ?-2 recettoriale induce invece rilasciamento della muscolatura liscia a livello di bronchi, vasi e intestino; aumento della gluconeogenesi e glicogenolisi epatica; stimolo della secrezione di insulina; stimolo della conversione T4 in T3 a livello tiroideo.
Da qui ne deriva l’ampia letteratura dedicata al propranololo, i dubbi sui possibili effetti collaterali ed i suoi numerosi vecchi e nuovi ruoli, oggi non più solo in ambito cardiologico o dermatologico, ma anche nella sepsi e nella retinopatia del prematuro.
Il propranololo è assorbito rapidamente e quasi completamente (~90%) ed il picco dei livelli plasmatici è raggiunto circa dopo 1-3 h dall’assunzione per via orale. Nonostante l’assorbimento completo, la biodisponibilità è molto variabile (~25%) in quanto il fegato metabolizza gran parte del principio attivo (effetto first-pass).
Ne deriva che, in caso di insufficienza epatica, o di flusso ematico diminuito, o ancora in seguito all’assunzione di farmaci inibitori degli enzimi epatici, il propranololo nella circolazione sistemica può risultare incrementato.
E’ bene inoltre ricordare che anche il suo principale metabolita, ossia il 4-idrossipropranololo, con un’emivita maggiore (5,2-7,5 ore rispetto alle 3-4 ore del propranololo), è farmacologicamente attivo.
Altra caratteristica fondamentale è che il propranololo è una sostanza altamente lipofila, che pertanto riesce a raggiungere alte concentrazioni a livello cerebrale.
La concentrazione plasmatica effettiva si aggira tra i 10 e i 100 ng/ml. Il principio attivo ha effetti tossici ad una concentrazione plasmatica superiore ai 2000 ng/ml.
Gli effetti collaterali segnalati, a volte in modo disomogeneo, sono riassunti nella tabella:

1. Bradicardia da rallentamento del nodo della conduzione del nodo del seno o blocco AV
2. Ipotensione arteriosa grave
3. Broncocostrizione
4. Vasocostrizione con fenomeno di Raynoud
5. Aumento del rischio di ipoglicemia
6. Insonnia e altri disturbi del sonno
7. Disturbi intestinali
8. Alterazione elettroliti

Partendo da considerazioni ad hoc per la popolazione pediatrica abbiamo quindi revisionato la letteratura analizzando la casistica riportata.
Sappiamo, quindi, che il blocco dei recettori ?-1 determina riduzione della frequenza cardiaca, rallentamento della conduzione e riduzione della contrattilità miocardica. Da questo ne deriverebbe una riduzione della gettata cardiaca (cioè della quantità di sangue espulsa dai ventricoli ed immessa in circolo ogni minuto) e quindi il rischio di bradicardia ed ipotensione. La frequenza cardiaca, però, nella popolazione pediatrica è più alta. Anche la frazione di eiezione, indice della quota di sangue espulsa, parte da valori elevati, intorno al 70% nel bambino, indice dell’ottima riserva cardiaca, che permette l’altrettanto buona tolleranza cardiologica al farmaco.
In merito al broncospasmo: il blocco dei recettori ?-2 determina iperreattività bronchiale in soggetti suscettibili con esacerbazione di asma o bronchite. E’ noto come nei primi due anni la dispnea espiratoria sia un sintomo molto frequente, per motivi anatomici e funzionali e come, a questa età, la componente ipersecretiva e congestizia sia prevalente sul broncospasmo nella genesi della broncostuzione. La controindicazione al farmaco o la necessità eventuale di sospensione deve essere guidata pertanto da una concreta diagnosi differenziale di un’eventuale patologia broncopolmonare.
Sappiamo poi, sempre dalla letteratura pediatrica, che i recettori ?-2 agonisti sono decisamente più scarsi nelle vie aeree del lattante.
Il punto più discusso rimane la segnalazione di ipoglicemia. Infatti i casi segnalati in letteratura, anche criticamente sintomatici, presentavano a posteriori storia clinica suggestiva per patologia verosimilmente virale pregressa o in atto o uso concomitante di steroide. In merito a questo torna il concetto del metabolismo epatico del farmaco sicuramente influenzato da altri fattori, quali epatiti virali (evento non infrequente in età pediatrica) e la soppressione surrenalica indotta dal concomitante uso di corticosteroidi, che può inibire la risposta controregolatoria del cortisolo all’ipoglicemia.
E’ comunque vero che il «glucose utilization rate» nel bambino è 3 volte quello dell’adulto (in parte attribuibile alla maggiore massa cerebrale) e che il lattante, il neonato ed il prematuro hanno scarse riserve di glicogeno. Fortunatamente però è proprio questo il paziente che, in condizioni di salute, introduce normalmente pasti frequenti e regolari. Il problema si pone proprio quando, per un fatto intercorrente, il bambino digiuna o presenta perdite di liquidi. Per questi motivi un’educazione terapeutica specifica ed accurata va rivolta ai genitori onde evitare possibili episodi di ipoglicemia.
Dopo questa lunga analisi, il ruolo del Cardiologo Pediatra diventa essenziale per la diagnosi di eventuali patologie cardiache che controindicano assolutamente la terapia con beta-bloccanti (bradicardia e ipotensione di varia origine; sindrome del nodo del seno; blocco atrioventricolare; insufficienza cardiaca; familiarità materna per patologia autoimmune) sicuramente rare ma, a volte, anche molto subdole nel piccolo bambino.
Da qui la necessità di una valutazione basale adeguata in termini di specificità di competenze ed attrezzatura in ambito pediatrico. Quella figura che, le consensus americane e quella europea a noi tutti note, descrivono come «care provider with experience in evaluating infants», e che nel nostro Paese deve trovare la sua precisa collocazione nel percorso diagnostico-terapeutico di questa patologia.
La conclusione del meeting ha aperto una nuova strada di collaborazione tra diversi specialisti che permetterà una gestione sicura di una terapia che ha cambiato la storia clinica di questi piccoli pazienti.

Scritto da Alessia Claudia Codazzi

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